Questa metodologia attiva nacque dall’ispirazione del movimento attivista e socio – costruttivista e pone al centro della sua attenzione i discenti, le relazioni fra questi e le loro esperienze scolastiche significative.
L’insegnante ha ruolo di conduttore del gruppo, progetta e predispone l’attività non fornendo a priori la soluzione del problema proposto, ma saranno i bambini, grazie alle loro conoscenze e competenze, a risolverlo attivamente. È importante tenere presente che l’insegnante, prima di procedere con il lavoro, dovrà tenere conto di molte variabili che potranno caratterizzare lo svolgimento dell’attività, quali spazi, materiali, conduzione del lavoro, ruolo del bambino nel problem solving, ecc.
L’intervento dell’adulto…dovrà essere…molto affettivo e semplicemente in funzione di un aiuto tecnico, ma mai di suggerimento diciamo così ‘artistico’ sul cosa si deve fare. (…) aiutare a fare, quindi, ma non fare idee già fatte. Il bambino deve diventare il più possibile autosufficiente1.
L’insegnante, lasciando che i bambini siano autosufficienti, dovrà accettare ogni soluzione, anche quelle più inaspettate e che, magari, considera “sbagliate”. La didattica dell’inatteso2 è quella che non si fonda su schemi prestabiliti e, per così dire “rassicuranti”, ma aperta ad accogliere cosa succede nella realtà dei fatti (e non nella realtà immaginata/sognata/auspicata dall’insegnante) e sfruttare queste situazioni per andare avanti “fuori dagli schemi”. È impossibile proporre uno schema rigido quando si ha a che fare con individui, tutti diversi e ognuno con le proprie capacità, propensioni, personalità ecc.
I bambini, lavorando in gruppo, hanno anche la possibilità di…
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Note:
[1] B. Munari I laboratori tattili, ed. Corraini, Mantova, 2011, pag. 34
[2] E. Nigris Didattica generale-edizione breve, Guerini scientifica, Milano, 2009, pag. 67